Gli Organismi: nuovi modelli organizzativi “sostenibili” per il nostro futuro

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Gli Organismi: nuovi modelli organizzativi “sostenibili” per il nostro futuro

I modelli organizzativi sostenibili richiamano non già la scomparsa di un’organizzazione orientata all’effi­cienza e al controllo, ma ne propongono un’evoluzione nell’ottica organizzativa della responsabilità, che si declina nella eco-sostenibilità. La metafora dell’Organismo evoca un’azienda eco-sostenibile, un’organizzazione progettata per avere un minimo impatto negativo sull’ambiente (inteso quale ecosistema o biosistema, globale o locale), sulla comunità territoriale, sulla società. L’azienda è sostenibile in quanto come Organismo si sforza di soddisfare contemporaneamente obiettivi sociali, ambientali (o ecologici) e economici. L’azienda eco-sostenibile non nega l’enfasi sull’orienta­mento all’efficienza. Anzi, si impegna in modo particolare per fornire servizi e prodotti che riducano i potenziali impatti ecologici delle attività di produzione, di vendita e di consumo. Negli studi di organizzazione si presentano sei obiettivi che un assetto organizzativo eco-sostenibile deve soddisfare: eco-efficienza, socio-efficien­za, eco-efficacia, eco-sufficiency, socio-sustainability, ed ecological equity.

L’eco-efficienza si ottiene con la produzione e fornitura di beni e servizi a prezzi competitivi che soddisfano i bisogni e la qualità della vita umana, riducendo progressivamente l’impatto ecologico e l’intensità delle risorse durante tutto il ciclo di vita. L’efficienza ecologica deve quindi ridurre al minimo i danni ecologici, massimizzando al tempo stesso l’efficienza economica, soprattutto del processo produttivo. Le aziende eco-efficienti utilizzano meno acqua, materiale ed energia, utilizzando il riciclo come chiave dell’azione organizzativa. Possibili sistemi di controllo da utilizzare per l’eco-efficienza includono la misurazione dell’efficienza energetica ed idrica, nonché il controllo della quantità e della tipologia dei rifiuti o dell’inquinamento generato.

La socio-efficienza è definita dalla relazione tra il valore aggiunto creato da un’azienda e il suo impatto sociale. Il controllo della socio-efficienza può basarsi su indicatori sia positivi (ad esempio donazioni ispirate al criterio della solidarietà sociale, creazione di occupazione, adozione di sistemi welfare, piani di assistenza sanitaria, ecc.) sia negativi (ad esempio incidenti sul lavoro, mobbing dei dipendenti, violazioni dei diritti umani). A seconda del tipo di indicatori, perseguire obiettivi di socio-efficienza implica ridurre al minimo gli impatti sociali negativi (ad esempio gli incidenti sul lavoro) o massimizzare gli impatti sociali positivi (ad esempio gli occupati) in relazione al valore aggiunto.

Gli obiettivi di eco-efficacia orientano l’azienda alla realizzazione, all’acquisto e alla commercializzazione di beni, prodotti e servizi che riducono l’impatto ambientale complessivo esercitato dalle attività dell’ambito operativo. Paradossalmente, realizzare prodotti singolarmente più eco-efficienti a prezzi più bassi, ad esempio autovetture che consumano meno benzina e venderle a prezzi sempre inferiori, potrebbe aumentare il consumo globale dei prodotti e generare effetti negativi; vale a dire che con più automobili circolanti, sia pure individualmente più eco-efficienti, purtroppo aumenterebbe la CO2 complessivamente emessa. Lo stesso dicasi per le auto elettriche. Se la produzione di energia per alimentare le auto elettriche viene ancora generata da centrali termiche inefficienti che bruciano idrocarburi, ovviamente complessivamente la CO2 immessa nell’atmosfera non diminuisce. Sviluppare automobili ad energia solare, invece, rappresenterebbe un obiettivo di produzione eco-efficace.

Un orientamento ad obiettivi di eco-sufficiency impone all’azienda di effettuare scelte coerenti con un principio in base al quale si intende favorire nella popolazione mondiale una qualità della vita sufficientemente alta, ma senza superare i limiti ecologici delle risorse (attuali e future) del pianeta. Poiché un numero crescente di esperti ritiene che il progresso tecnico e le tecnologie più ecologiche da sole non saranno sufficienti per raggiungere questo obiettivo, operare in una logica di ecosufficency impone di considerare anche le trasformazioni sociali (in termini di cambiamento degli stili di vita, pratiche sociali, costruzione di infrastrutture, ecc.) che possono essere influenzate dalle strategie aziendali. Occorre dunque condurre tutti modelli di produzione e di consumo a un livello compatibile con i limiti ecologici del pianeta. La eco-sufficiency impone alle aziende di contribuire a diffondere stili di vita ispirati al principio della “enoughness”, (abbastanza) cioè basati su un equilibrio tra consumi e ricchezza prodotta: stili di vita, cioè, che massimizzano il benessere, riducendo al minimo i consumi e l’impronta ecologica. Da questo punto di vista, spesso sotto accusa sono le aziende alimentari, soprattutto quelle che producono alimenti a base di carne di animali. La zootecnica globale è ritenuta, da alcuni, un settore centrale nell’uso di risorse alimentari e idriche, inquinamento delle acque, uso delle terre, deforestazione, degradazione del suolo ed emissioni di gas serra.

Dal punto di vista della social sustainability, invece, l’assetto organizzativo dovrebbe fare propri anche obiettivi sociali non limitati dal punto di vista territoriale o dei gruppi di consumatori serviti. L’azienda dovrebbe invece orientare il suo assetto in modo tale da essere in grado di diffondere i benefici sociali delle proprie scelte strategiche ad una fascia più ampia possibile della popolazione mondiale. Un esempio di un settore che è stato criticato negli ultimi anni per non aver fornito i suoi prodotti a livello globale, e di avere spesso reso tali prodotti inaccessibili alla popolazione dei paesi poveri è stata l’industria farmaceutica.

Un orientamento ad obiettivi di ecological equity impone infine di tener conto anche del fatto che, mentre le generazioni attuali consumano gran parte delle risorse naturali del pianeta e si appropriano dei benefici che ne derivano in termini economici e di qualità della vita, la maggior parte dei danni ecologici è probabilmente lasciata a carico delle generazioni future. Per raggiungere gli ambiziosi obiettivi di ecological equity, l’azienda dovrebbe sviluppare un assetto basato su scelte strategiche di consumo delle risorse in grado di favorire una equa distribuzione dei costi e dei benefici nel tempo e dunque anche fra generazioni.

La metafora dell’Organismo suggerisce scelte di progettazione organizzativa in alcuni casi molto ambiziose, ma considerate da tutti noi sempre più urgenti e improcrastinabili.

di Marcello Martinez

Marcello Martinez, Professore di Organizzazione aziendale presso il Dipartimento di Economia dell’Università della Campania L. Vanvitelli

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