Di Marcella Loporchio,
La certificazione di parità di genere è qualcosa vero la quale ogni azienda dovrebbe tendere. L’UNI Pdr 125/2022 individua tutti i KPI da rilevare oltre la definizione delle 6 aree:
- cultura e strategia;
- governance;
- processi HR;
- opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda;
- equità remunerativa per genere;
- tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro.
Ognuna di esse impatta in maniera diversa in base alle dimensioni delle aziende oltre che da un peso % che fotografa la situazione attuale dell’azienda e i miglioramenti da attuare nel corso degli anni successivi.Sono coinvolte tutte le aziende, di qualsiasi dimensione – dalle micro alle multinazionali – con delle semplificazioni in base alle dimensioni. Gli indicatori, i KPI, sono di natura quantitativa e qualitativa e vengono analizzati mettendo a confronto i valori interni all’azienda, la tipologia di attività economica o il valore medio di riferimento nazionale. Ad ognuno corrisponde un punteggio e il 60% rappresenta il valore minimo – emerso da una valutazione ponderata dei punteggi in ogni singola area di riferimento – per poter accedere alla certificazione.
Lo scopo è quello di attestare e verificare, visto che la durata della certificazione è di 3 anni, che quanto dichiarato corrisponda a verità e che il benessere, l’inclusione e la parità non siano solo parole.
Entro il 2026 dovranno essere certificate 800 piccole e medie imprese che, insieme a tutte le altre che vorranno procedere in questa direzione, potranno usufruire di sgravi, premialità e benefici.
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