di Marcello D’Aponte (*)
Le profonde trasformazioni imposte dalla pandemia generano la necessità di nuove politiche del lavoro e differenti modelli organizzativi d’impresa, generando interrogativi e riflessioni: in che modo le “nuove” gerarchie di valori nell’Unione Europea possono incidere sull’efficacia dei meccanismi tradizionali di organizzazione del lavoro? Politiche economiche e occupazionali possono comunicare efficacemente tra loro? La dottrina della c.d. flexsecurity ha prodotto risultati apprezzabili o merita di essere rivista e in quale direzione?
Occorrerà verificare quali politiche attive debbano essere avviate per favorire l’accesso al lavoro; quali siano gli strumenti e le condizioni possibili per realizzare un reddito minimo universale garantito; quali sono le politiche da attuare per favorire la crescita del lavoro giovanile e di quello femminile, che in particolare nel Mezzogiorno segnano il passo; in che modo occorra garantire la conciliazione del tempo tra attività professionale e vita familiare per incrementare i livelli di benessere sociale collettivo per favorire lo sviluppo e la crescita economica delle imprese, a tutela delle famiglie e singoli lavoratori, subordinati ovvero comunque economicamente dipendenti.
Il tema fondamentale consiste nella necessità di accompagnare la rivoluzione tecnologica Industry 4.0 con scelte regolative che le rendano compatibili con le esigenze di giustizia sociale: la questione non risiede più tanto, infatti, nella sostituzione del lavoro umano con quello computerizzato, bensì nel rischio di depauperamento dei tradizionali riferimenti giuridici e sociologici del lavoro nell’impresa.
Un ruolo determinante in questo senso è attribuito alla contrattazione collettiva decentrata, oggi più che mai terreno di sperimentazione di nuovi modelli di organizzazione e regolazione sociale.
La necessità principale sembra quella di favorire l’emersione di meccanismi gestionali innovativi che siano in grado di governare una modalità plurale di declinazione delle relazioni tra bisogni sociali ed esigenze di impresa cogliendo quanto di positivo proviene dall’esperienza della contrattazione post lavoro-agile, dal lavoro per obiettivi alle ferie aperte, lasciando alle parti sociali il ruolo di governo dello sviluppo e incrementando gli spazi di confronto a livello di impresa: solo così, la ripresa potrà essere governata coniugando sviluppo e welfare, senza bloccare lo sviluppo incastrandolo in meccanismi e schemi superati e riproponendo modelli che appartengono al passato.
(*) Avvocato Cassazionista-Professore di Diritto del Lavoro dell’Università Federico II di Napoli
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