Cara Chat GPT, quali rischi nascondi dietro la tua potenza?
(Acquaiuo’, l’acqua è fresca?)
In media, sono state assunte più donne in posizione di leadership in quei settori in cui le donne erano già altamente rappresentate (Global Gender Gap 2022 del World Economic Forum).
Allo stesso modo, nei settori con maggiore diffusione di robotica ed Intelligenza Artificiale nei processi produttivi, la propensione ad introdurne altra e ad innovare è maggiore che in quelli in cui ancora non è stata introdotta (Il Rapporto AIDP-LABLAW 2018, realizzato da Doxa).
Questi due esempi non sono altro che la conferma che il nuovo incuriosisce ma spaventa e che, superati i primi momenti in cui il cambiamento comporta quasi sempre una stasi, se non un arretramento nello sviluppo e nell’evoluzione, nel lungo periodo i sistemi abbassano le difese rispetto all”’intruso” (donna, migrante, robot…), lo riconoscono come amico e lo inglobano, con un impatto complessivamente positivo sullo sviluppo della società.
Sicuramente, per la tenuta complessiva dei sistemi, il ritorno alla stabilità e all’equilibrio è auspicabile, ma a patto che gli anticorpi siano vigili e che lo spirito critico lavori bene.
L’uomo si abitua a tutto e tutto può sopportare, ma questo non è sempre un bene.
Soprattutto quando i contrappesi non sono efficaci -si pensi ad esempio al ruolo dell’informazione- il rischio è che ci si abitui al brutto e che non si discerna più tra ciò che è funzionale alla crescita ed allo sviluppo delle Persone e dei Sistemi e ciò che non lo è.
Ora, se non abbiamo dubbi che nel caso della presenza femminile in posizioni di leadership, aver superato l’iniziale paura e ansia da novità ci stia portando, anche se molto lentamente, verso modelli di convivenza sociale e di sviluppo più sostenibili, cosa può rassicurarci rispetto al tecnostress ed alla paura che il lavoro umano venga sostituito e non solo, come auspicabile, modificato, arricchito e trasformato dalle nuove tecnologie? Può la semplice osservazione del passato convincerci che ogni discontinuità tecnologica sia sempre stata e sempre sarà portatrice di sviluppo sociale e ricchezza?
Se Geoffrey Hinton, il Padrino dell’Intelligenza Artificiale, decide di lasciare Google per poter parlare più liberamente dei rischi legati alla tecnologia che egli stesso ha contribuito a creare; se un numero crescente di legislatori, gruppi di difesa e addetti ai lavori hanno lanciato l’allarme sul potenziale di una nuova generazione di chatbot alimentati dall’IA per diffondere disinformazione e spostare posti di lavoro; se a marzo alcune figure di spicco del mondo tecnologico hanno firmato una lettera in cui si chiedeva ai laboratori di intelligenza artificiale di interrompere l’addestramento dei sistemi di IA più potenti per almeno sei mesi, citando “profondi rischi per la società e l’umanità”, evidentemente ci troviamo di fronte ad un mutamento così profondo e così veloce che potrebbe, per la prima volta nella storia dell’umanità, sfuggire al controllo dell’uomo. In parole semplici il numero e la qualità delle produzioni dell’AI potrebbero superare quelle umane al punto da non riuscire più a distinguere ciò che è vero da ciò che è falso e addirittura da sovvertire il senso della verità.
L’intelligenza artificiale generativa potrebbe essere l’intelligenza generativa di artifizio.
Siamo davanti ad innovazioni che non solo potenziano e aumentano la realtà, ma la trasformano, non solo rendono i processi più veloci, più economici, più efficienti, meno faticosi, ma li cambiano radicalmente fino a farci perdere il controllo ed a renderci prima co-piloti e poi semplici passeggeri.
Il Parlamento Europeo, al fine di arginare ogni cattivo uso dell’AI, ha votato il 14 giugno la bozza dell’AI Act, un progetto di legge che mira ad introdurre standard di regolamentazione globali basati sul concetto di rischio: ad esempio i metodi di predictive policing, ossia l’uso di algoritmi per valutare la pericolosità delle persone e la predisposizione a commettere reati, saranno classificati come “inaccettabili” e saranno vietati; i sistemi che generano testi o immagini, classificati a rischio limitato, dovranno comunque permettere di distinguere le immagini vere da quelle generate o modificate da algoritmi e i sistemi di riconoscimento delle emozioni non potranno entrare nei luoghi di studio e di lavoro.
L’Europa quindi punta sulla prevenzione; rispetto al modo in cui abbiamo adottato tecnologie precedenti -pensiamo ai combustibili fossili- è un bel passo avanti.
Ma, dal momento che lo strumento lo abbiamo, ho provato a chiedere proprio a Chat GPT quali altri suggerimenti concreti darebbe per affrontare con spirito critico questa profonda trasformazione.
Mi ha fornito questo risultato:
- ChatGPT
In concreto, ecco alcuni suggerimenti su come affrontare la sfida dell’innovazione tecnologica e garantire un futuro equilibrato:
- Formazione e adattabilità: Investire nella formazione e nell’addestramento delle persone per sviluppare competenze adeguate all’era digitale. Ciò implica un’educazione continua e la promozione di abilità come pensiero critico, creatività, risoluzione dei problemi e collaborazione. Le persone devono essere preparate ad adattarsi e a sfruttare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie.
- Dialogo interdisciplinare: Promuovere il dialogo e la collaborazione tra diverse discipline, come scienziati, ingegneri, esperti di etica, giuristi e sociologi. È importante coinvolgere tutte le parti interessate nella definizione di politiche, regolamentazioni e linee guida per l’utilizzo delle nuove tecnologie, in modo da bilanciare gli aspetti tecnici con quelli etici, sociali e legali.
- Responsabilità sociale: Le organizzazioni devono adottare un approccio socialmente responsabile nell’implementazione delle nuove tecnologie. Ciò implica considerare gli impatti a breve e lungo termine delle proprie azioni sulla società, l’ambiente e le persone. Dovrebbero essere promossi standard di trasparenza, sicurezza dei dati, non discriminazione e rispetto della privacy.
- Coinvolgimento del pubblico: Favorire un coinvolgimento significativo del pubblico nelle decisioni riguardanti l’innovazione tecnologica. Ciò può avvenire attraverso consultazioni pubbliche, dibattiti aperti, coinvolgimento delle comunità locali e delle organizzazioni della società civile. È importante ascoltare diverse prospettive e considerare le preoccupazioni delle persone nella definizione delle politiche e delle direzioni future.
- Ricerca e monitoraggio: Promuovere la ricerca indipendente e il monitoraggio degli impatti delle nuove tecnologie sulla società. Gli studi e le valutazioni indipendenti possono contribuire a identificare rischi potenziali, evidenziare best practice e fornire indicazioni per migliorare l’utilizzo delle tecnologie in modo responsabile.
- Cooperazione internazionale: Promuovere la cooperazione internazionale e la condivisione delle migliori pratiche nell’ambito dell’innovazione tecnologica. La collaborazione tra paesi, organizzazioni internazionali e società civile può aiutare a sviluppare standard globali, regole e linee guida per affrontare le sfide comuni associate alle nuove tecnologie.
Questi suggerimenti mirano a garantire che l’innovazione tecnologica sia guidata da valori umani, promuovendo il benessere sociale e il progresso sostenibile. È un impegno collettivo che richiede una combinazione di azioni individuali, organizzative e politiche per creare un futuro equilibrato e inclusivo.
Traendo alcune umane conclusioni, quello che preme evidenziare è che sarà bene, nei prossimi anni, in cui potranno aprirsi scenari ancora inesplorati, restare in guardia ed avere ben chiari i meccanismi di funzionamento dello strumento al quale ci affidiamo. È evidente, infatti, che l’abituarsi a qualcosa, come elemento imprescindibile e connaturato alla propria quotidianità, frena il dubbio e la curiosità sui meccanismi che sono dietro l’operatività; sono ben pochi, oggi, coloro che sarebbero in grado di spiegare come funziona una lavatrice, ma ancor meno, probabilmente, quelli che sarebbero disposti a farne a meno.
Se un simile atteggiamento non crea particolari danni quando l’oggetto coinvolto è un apparecchio lavapiatti o uno scaldabagno, lo stesso non può dirsi nel momento in cui la macchina in considerazione diviene in grado di modificare/sostituire il nostro lavoro, condizionare le nostre idee, incidere sulle nostre azioni e generare nuovi ambienti di vita.
I pericoli, del resto, possono già facilmente prospettarsi: dal rapporto Istat del 2022 “Cittadini e ICT” emerge che oltre il 77% dei cittadini sopra i 6 anni d’età ha utilizzato internet nei tre mesi precedenti al sondaggio. Per quanto il numero piuttosto consistente faccia ben sperare rispetto all’acquisto di sempre maggiore dimestichezza del cittadino con il mondo del web, c’è un altro dato da considerare e che lascia perplessi: un rapporto del 2021, infatti, rilevava come appena il 45,7% della popolazione italiana tra i 16 ed i 74 anni avesse competenze digitali almeno di base. Questo numero colloca l’Italia in fondo alla classifica degli Stati europei per livello di competenze digitali dei cittadini, posizionandosi al quartultimo posto, poco sopra la Polonia.
In conclusione, perché l’intelligenza artificiale continui ad essere uno strumento di cui ci si serve, e non il pilota che si cela dietro le azioni ed il pensiero umano, una strada da non sottovalutare resta quella dell’informazione, dell’educazione e dell’aggiornamento, in modo da tenere sempre ben svegli ed allenati il pensiero critico e la capacità di discernimento.
Alessandra Belluccio, Presidente Aidp Campania – Direttore Risorse Umane e Organizzazione